Descrizione:
Pochi paesi come Claut, per quanto ne sappiamo, pur vantando origini antiche, sono stati prigionieri per tanto tempo di una valle, la valle del Cellina e Claut deriva proprio dal latino, Clauditu che significa luogo chiuso.
Dall’anno 924 infatti, quando la ”villa quae vocatur Clauto” è citata in un atto di donazione all’Abazia di Sesto al Reghena da parte della contessa longobarda Imeltrude, fino al 1911-13, un solo sperduto e pericoloso sentiero collegava Claut, passando per Barcis e Andreis, alla pianura friulana, da una parte, e per Cimolais ed Erto-Casso andava a strapiombare nella valle del Piave. Questi paesi però esistevano da molto tempo prima, riuscendo a sopravvivere in un ambiente così aspro e fuori dal mondo, grazie alla caccia, alla pesca a quel poco di agricoltura di montagna alla pastorizia e allo sfruttamento dei boschi che più avanti, si trasformò in commercio con la Repubblica di Venezia mediante la fluitazione e un sistema di stue, cioè piccole dighe in tronchi che ne agevolavano il deflusso verso valle.
Fu indispensabile, in questo quadro di generale povertà e durissime fatiche, il ruolo svolto dalle donne che, oltre ad accudire ai figlie e ai consueti lavori della casa e della stalla, provvedevano in parte alla fienagione e alla legna e si impegnavano, da vere eroine, a gruppi con altre amiche, a rifornire di generi alimentari non reperibili in loco, la propria famiglia. Queste donne portatrici poi, lasciavano il paese, una volta scioltesi le prime nevi, con la gerla carica degli utensili di legno fabbricati dai propri uomini, per raggiungere anche città lontane come Trieste e Bologna. Erano cucchiai, pepaiole, coppe, cannelle e votazze che gli uomini avevano ricavato dal legno mediante l’impiego di torni e altre ingegnose “macchine”, pure di legno, durante il periodo invernale di forzata inattività.
All’inizio del ‘900 venne il primo tratto di strada Montereale-Molassa, di 5 Km per sfruttare l’energia elettrica del Cellina. Poi il secondo tratto, la vera strada, per sfruttare le potenzialità strategiche di un collegamento con le truppe del Cadore, nel 1911-13. Da questo momento possiamo dire che entrò in crisi la vecchia economia silvo-pastorale-artigianale e
incominciò necessariamente l’esodo della popolazione all’estero e nelle città industrializzate.
Tralasciando tanti aspetti importanti, arriviamo al dopoguerra, che fu operoso e pieno di spirito nuovo, ma non potè evitare l’esodo della popolazione alla ricerca di un lavoro meno faticoso e più redditizio, e passiamo alla fase di un certo turismo di massa, che sceglie la Valcellina per gli aspetti interessanti (ora!) del paesaggio ed il costo modesto delle pensioncine. Ma le strutture restano inadeguate ed il flusso, piano piano, si riduce. Occorreva trovare nella popolazione, consensi alla politica di sviluppo turistico, ed in alto, concreti appoggi politici.
E’ così che senza sostanziali cambiamenti, arriviamo al fatidico anno 1963, quando si abbatte, come una montagna, sopra Erto-Casso, ma con ripercussioni in tutta la Valcellina, il disastro del Vaiont. Morti, sconforto, scelte difficili.
Nel 1976 il terremoto del Friuli, si fa sentire anche qui, accentuando la sensazione di una triste persecuzione della sorte, ma suscitando anche esempi belli di solidarietà e desiderio di vivere. Intanto era stata istituita la Comunità Montana, che era riuscita ad avviare a soluzione il problema della strada con la ben nota scelta del tracciato in galleria, ed era andata anche in porto l’istituzione del Parco naturale delle Dolomiti friulane con finalità, essenzialmente, di tutela attiva del territorio.
Realizzata finalmente la nuova strada (1993) che garantisce sicurezza e scioltezza di transito, il Comune di Claut ha imboccato decisamente la via della sviluppo turistico legato allo sport. Così sono sorti il palazzetto del ghiaccio, che ha consentito lo svolgersi proprio a Claut, delle universiadi di pattinaggio; la nuova bella pista per il fondo, per la discesa, la palestra, e attrezzature varie per il tempo libero. Da parte dei privati, a sua volta, veniva potenziata ed ammodernata la struttura ricettiva. Ma è tutto il tessuto sociale a risentirne positivamente come per una sorta di riqualificazione. Dalla collaborazione tra gli Enti viene certamente ad averne beneficio il turismo arricchito da forme moderne di escursionismo e di educazione ambientale. I comuni di Andreis, Erto-Casso, Cimolais (sede del Parco) e Barcis, fanno ormai parte di questa realtà, e da cosa nasce cosa. Sul piano di un turismo culturale citiamo ad esempio la collaborazione tra Parrocchia Parco Comune Museo Casa Clautana C.A.I. e Proloco ai fini della conoscenza e divulgazione dei nostri costumi e tradizioni, che trovano nella figura forte e dolce della Clautana che ha commosso Carlo Sgorlon, l’epopea di tutte le donne valcellinesi di una volta.